Dopo aver scritto l’articolo “Mi ha chiamato Google! …A me Gesù. Ma era lo stesso call center.” ho deciso di scrivere due parole su una delle frasi più cercate, nonché più seducenti del mondo web: essere primo nei motori di ricerca. O, ancora meglio…
…essere primo su Google!
E’ importante? Beh, statisticamente le persone tendono a cliccare in maniera direttamente proporzionale a quanto in alto appare un risultato (circa il 65% dei clic sulle prime tre posizioni, poi a scendere a parità di bontà delle anteprime) reputandolo più congruo alla propria ricerca (altrimenti Google non l’avrebbe messo là, no?). Oltre la prima pagina e mezzo guarda poca gente, oltre la terza praticamente nessuno, anche se sta cercando il significato della vita. Quindi, si, è importante essere lassù.
“Grazie a me sarai primo su Google!”
Tipica frase da piazzista descritto nell’articolo “Mi ha chiamato Google! …A me Gesù. Ma era lo stesso call center“. Quindi dove sta l’inghippo, se ti offrono proprio quello?
Poniamo che vendi scarpe a Milano. Non credo tu sia solo ma avrai qualche centinaio (mi tengo bassissimo) di concorrenti. Ovviamente a te interessa spuntare il più in alto possibile se qualcuno cerca ad esempio “negozio scarpe Milano”, anche se è alquanto difficile e sarebbe meglio cercare una strategia migliore.
Ti chiamano (o vengono a trovarti) e ti promettono una cosa del genere: fantastico! Poi chiamano il tuo diretto concorrente e fanno lo stesso. E poi il terzo…il quarto…il ventesimo…stessa promessa.
Ora, chi sta in pole position se la cima è stata assicurata a tutti? Alla fine non è cambiato nulla, se non nelle tasche della sedicente “Google” che ha chiamato tutti voi.
Usando un paragone ardito: se nel ciclismo uno bara e si dopa, ha alte possibilità di arrivare prima degli altri. Ma se si dopassero tutti? E, soprattutto, se in realtà quella spacciata a carissimo prezzo come doping non fosse altro che acqua, chi ci guadagnerebbe se non il fornitore?
Aspetta, aspetta…Io ho accettato e sono davvero il primo!
Ti do due dritte:
- al di là di ciò che pensa il 99% delle persone che usa internet, di fronte a una richiesta Google non fa apparire universalmente gli stessi risultati. Sarebbe inutile, visto che andrebbero a farsi friggere tutte le manfrine sulla privacy e sul fatto che sappia tutto di noi, mostrandoci ciò che vogliamo e/o dovrebbe fare meglio per i nostri interessi (i nostri, certo…). In questo modo un utente, soddisfatto dal risultato ottenuto, continua ad usare Google. E Google guadagna. Ora, se tu cerchi la tua azienda otto volte al giorno, indovina Google cosa farà ti vedere ogni volta che fai finta di essere un potenziale cliente? Te. A me e agli altri probabilmente no o, quantomeno, non così in alto.
- se cerchi il tuo nome (dal tuo computer o loggato con il tuo account gmail soprattutto, vedi sopra) e sei davvero il primo, è tanto normale quanto inutile, visto che il tuo diretto concorrente dovrebbe avere il tuo stesso nome per averne benefici. E comunque se un cliente sa già chi sei e cosa fai, ti cerca direttamente, dunque non avrebbe nemmeno senso spendere per “essere primo”. E’ come se tu piazzassi volantini (sic!) ovunque ma tutti sapessero già dove ti trovi. L’obiettivo è sedurre non clienti…ma alla seduzione, si sa, deve seguire l’acchiappo.
Che poi, sei sicuro di voler essere davvero il primo?
(non è tutto oro quel che luccica)
Mettiamo caso che ci riesci pure. Che io ti cerchi dal deserto del Sahara o dal tuo ufficio, sei proprio tu il primo. Fantastico! Essendo “il primo”, ovviamente clicco sul tuo link. Da qui in poi gli scenari sono due:
- risolvi il problema che mi ha spinto a fare una ricerca online e mi fornisci le informazioni che cercavo: nella mia mente sei davvero il primo! Non solo su Google, ma dell’intero universo, visto che ho risparmiato preziosi minuti della mia vita e non devo cercare altro al di fuori di te. Va da se che per far ciò la tua pagina debba essere funzionale, non mi obblighi a cliccare qua, compilare là, comprare per forza, come anche che mi lasci un buon ricordo. Grazie ad esso non solo aumentano a dismisura le possibilità di tornare, ma è probabile che mi senta in debito nei tuoi riguardi (del resto mi hai risolto un problema senza che io pagassi nulla, no?) quindi…chissà, un giorno potrò anche sdebitarmi (venendo a cenare nel tuo ristorante, commissionandoti un lavoro grafico, coinvolgendoti in un’iniziativa di categoria…o magari parlando di te ad altri, quindi facendo pubblicità a costo zero).
- non solo non mi risolvi il problema ma provi a vendermi qualcosa, oppure pretendi qualcos’altro, oppure semplicemente mi confondi. A quel punto chiudo e vado a chi – incredibile! – non è primo su Google come te. A quel punto tu hai pagato sostanzialmente per pubblicizzare i tuoi concorrenti.
Morale della favola
Essere lassù su Google non è questione di promesse, ma di duro lavoro.
Nessuno può garantire nulla, né tantomeno paventare la possibilità che con un “sito” fatto di
- testi insulsi, stereotipati, vecchi, copiati o sbagliati
- foto rubate altrove o così patinate da risultare credibili quanto un fotoromanzo
- zero impegno da parte del diretto interessato
…si possa essere tra i primi posti, specie in ricerche generiche con migliaia di concorrenti (negozio di scarpe Milano).
E, a scanso di equivoci, lo ripeto: se mai dovessi esserlo davvero, devi andare fiero di ciò che gli utenti visiteranno, non della tua posizione. Perché puoi avere un sito bello e funzionale che su Google non spunta nemmeno alla quarantesima pagina (magari perché nuovo) ma invitando la gente a visitarlo direttamente farai una gran bella figura.
Di contro, un sito visitatissimo perché in alto nella pagina di ricerca ma che fa orrore, porta solo a una cosa: affossare la tua attività, qualunque essa sia.