Cultura digitale

La medievale educazione digitale in Italia. Siamo un popolo di santi, poeti e navigatori. Ma non sul web.

educazione digitale in italia

Ogni Paese ha la sua peculiarità, noi magari abbiamo giovani più competenti in storia medievale.

Questa è stata la risposta del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, dopo che Eric Schmidt, il presidente del consiglio di amministrazione di Google (patrimonio stimato: 9,2 miliardi di dollari), aveva definito i giovani italiani impreparati da un punto di vista digitale per colpa della scuola che non fa nulla per formarli in tal senso.

Parliamone un attimo. Quella di Franceschini è una risposta che merita. Ricordiamo che fu lui l’ideatore e sostenitore #1 del celeberrimo (oggi chiuso, strano!) sito istituzionale verybello.it (leggi il mio articolo in merito)…

franceschini-verybello

…mica l’ultimo dei deficienti digitali. E smettetela di dire “L’ultimo no, ma il penultimo forse!” che vi ho sentito!

Il medioevo dell’educazione digitale in Italia

Storiella-time! Un uomo trova a letto sua moglie con un altro.

Ma…CARA! Io…tu…cos’ha lui che io non ho?

Un pezzo in più, direbbero Ficarra e Picone. Lei invece risponde

Lui si lava. Ma, tesoro, non preoccuparti: tu sei più bravo a lavare l’auto.

L’uomo è sollevato: il suo orgoglio virile è salvo e lui, con un ghigno soddisfatto stampato in viso, rifà il letto appena usato dalla moglie e dal tipo che nel frattempo è andato a farsi una doccia nel loro bagno.

Una storiella del genere è l’equivalente della risposta di Franceschini. La peculiarità di un paese come il nostro non è l’altissima formazione in storia medievale – campo grazie al quale notoriamente migliaia di ragazzi e ragazze possono affrancarsi dalla famiglia, crearsene una propria, avere dei figli e garantire loro un futuro – quanto una disoccupazione al 40% dei giovani stessi.

Una vera storia triste (la mia…fortuna che il finale è allegro)

Io alla fine dell’ultimo anno di liceo avevo già aperto tre siti quando in Italia ce n’erano meno di mille attivi (uno dei quali raggiunse quota tre milioni di visite in due anni), avevo un blog quando ancora si pensava fosse un’espressione tratta dai fumetti di Topolino (sigh, sob!), usavo già i programmi di grafica da autodidatta e sapevo montare audio e video. Ma non c’era lì nessuno che mi dicesse

Credici! E’ il futuro!

Così, “non sapendo cosa fare”, mi sono iscritto all’università, facendo l’iter tipico del giovane italiano che sa benissimo come (almeno) fino a 25 anni buoni non è nemmeno una vergogna sociale non lavorare e si cazzeggia e basta (tanto di cappello a chi mi risponderà che a 17 anni anni ha preso armi e bagagli e ha cominciato a lavorare perché non poteva permettersi di campare alle spalle di mamma e papà, sia chiaro. Totale ammirazione da parte mia, ma – ammettiamolo – siete mosche bianche).

Ho perso letteralmente tempo. Ho una laurea in psicologia che mi ritrovo giusto perché il marketing è psicologia, ma cinque anni di energie dedicate ad altro sono stati l’equivalente di tre ere digitali e la possibilità di guadagnare un mucchio di soldi. E recuperare terreno è stato tutto tranne che facile. Soddisfacente, quello si, ma non proprio facile.

Caro futuro spacciatore, lo so che hai del talento!

Mi capita di lavorare nelle scuole elementari o medie e ogni singola volta guardo un alunno mi chiedo cosa farà da grande. Spesso la risposta purtroppo è “al massimo lo spacciatore”, ma anche in quel caso mi piange il cuore perché so che dentro quella testolina c’è un talento inespresso. Musicale, artistico, sociale, sportivo, letterario, matematico. Non parlo di geni, ma di cose che ciascuno di noi sa fare bene anche se non lo sa.

Il 90% di loro non conosce i propri talenti e il 10% li scopre solo perché in famiglia c’è qualcuno che ne coltiva uno simile oppure per puro caso. Io quando avevo vent’anni mi sono trovato in una stanza con carta, colla, pennelli e cartoncino ovunque. Dovendo passare del tempo, mi sono messo a giocare, realizzando in mezz’ora questa:

educazione digitale in italia abilità nascoste
Una sciocchezza, forse. Ma io non avevo mai creato nulla del genere e, soprattutto, una giraffa o qualunque altro soggetto a matita non lo so disegnare. Sono totalmente impedito su carta. In cartapesta invece sono arrivato a realizzare un drago di un metro e mezzo di lunghezza pesante venti chili, strumenti musicali alti due metri e via dicendo, con una naturalezza che non riesco nemmeno a spiegare. E chi poteva mai pensarlo, visto che davo per scontato fossi una schiappa nelle arti? Ah, dimenticavo, ho lavorato per cinque anni grazie a questo talento, scoperto per caso. E lo stesso avrei fatto ben prima se qualcuno mi avesse aperto gli occhi sulle possibilità del digitale agli albori della rete. Forse è per questo che oggi mi prodigo in prima persona.

Oggi si passa più tempo a parlare di crisi e a buttare giù le speranze delle nuove leve invece che mettergli davanti le proprie potenzialità nella rete e urlargli

Inventa! Inventati! Esci dalle logiche che ti fanno credere non avrai lavoro, non avrai pensione e che uno stage non retribuito ti serve per fare curriculum!

Quel 40% potrebbe scoprire di saper creare siti web con facilità, gestire i canali social di grandi aziende come nessun altro, capire le tendenze dei coetanei e rivenderle a chi è interessato a conoscerle, promuovere il proprio talento nel pitturare pareti, curare animali o realizzare manufatti sul web a costo zero, diffondere le proprie creazioni letterarie senza dover pagare (pagare, non farsi pagare!) una casa editrice perché le pubblichi o magari girare un film. Perché usare Youtube non significa saperlousare, usare Google non significa conoscerlo, stare online non significa sapere cosa si sta facendo per davvero e cosa si rischia (“di fare” e a “non fare” qualcosa).

La riprova di quanto scritto sopra si ha proprio con Youtube. Lì, tra milioni di utilizzatori passivi, senza un’adeguata educazione alcuni giovani hanno scoperto per caso notorietà e guadagno mettendo in atto le proprie passioni. Peccato che vi sia una profonda spaccatura tra chi dispensa cultura (facendo crescere l’utenza, come chi spiega in termini semplici la fisica e la scienza in generale, ma anche giovani videomaker…) e chi invece alimenta piccoli zombie mostrandogli il nulla. Non ne abbia a male chi di dovere, ma quelli che passano ore a vedere altri che giocano ai videogames e bestemmiano quando perdono, restando totalmente passivi, rendono un fine intenditore di estetica chi guarda i film porno e sogna di essere nei panni dell’attore. E non ho mai creduto all’obiezione “Si, ma la gente vuole questo” perché la gente vuole ciò che gli si propina, soprattutto se inutile. Tranne il porno, quello lo vuole a prescindere.

Sui genitori che sfruttano i figli per far girare video divertenti (?) o illuminanti (ho da poco scoperto il mondo delle videorecensioni di giocattoli fatti da bambine, roba da denuncia penale) stendo un velo pietoso e vi invito a vedere qualche scena di Little Miss America, il concorso in cui mamme e papà violentano la gioventù della propria figlia truccandola come un travestito, facendole indossare il tacco 12 e iscrivendola a un concorso di bellezza per un premio in denaro. E’ la stessa cosa.

Il sistema educativo italiano non forma persone adatte al nuovo mondo

Lo dice ancora Schmidt. E ha ragione. Scoperta l’America, si continua a dire che le patate non servono ed esplorare mezzo mondo ancora sconosciuto non è poi una priorità, visto che qui abbiamo tanta di quella storia…In Italia si continua a studiare per cinque anni in latino, limitando la geografia al primo anno di superiori. Ti cazziano e fanno credere di essere incapace se non sai la prima declinazione rosa, rosae, rosae, rosam, rosa rosa, se credi che la Basilicata confini con la Valle d’Aosta va bene uguale tanto solo chi ci abita sa dove si trovi la Basilicata e l’informatica non te la insegnano, tanto sei già bravo da solo. Ti dicono che sei laureato dopo tre anni, si inventano nuove lauree per spillare soldi alle famiglie e ti illudono sul fatto che la laurea breve in tecnico restauratore di sex toy mesopotamici (pare infatti che tra il Tigri e l’Eufrate si dessero da fare, è scritto nella brochure del corso) garantisca un futuro assicurato a te e agli altri 3000 che si iscrivono.

E poi, quando qualcuno dice che rendere un popolo stupido significa poterlo controllare, c’è chi parla ancora di teorie del complotto.

Per quello prego ogni genitore che incontro a invitare i propri figli a fare da soli. Molti mi rispondono che gli hanno sempre detto che, così facendo, si diventa ciechi. Secondo me è tutto il contrario: sgraneranno gli occhi. No, non su Youporn (beh, non solo almeno) ma sulle migliaia di possibilità a loro disposizione da conoscere, sperimentare, amare e usare per il proprio futuro, in barba a chi vuole farli diventare esperti di storia medievale.

Uomo. Marito. Padre. Mi occupo di comunicazione sul web e marketing per professionisti e PMI. Scrittore per passione e narratore di aneddoti per diletto. Fedele al motto "Verba volant, scripta manent, internet docet".

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