Commercialista: “No, non ne facciamo di queste cose!”
Io: “Ma è una fattura, non un ménage à trois!”
Commercialista: “No, no, costa troppo.”
Io: “Ah”
Commercialista: “Ora, a proposito del ménage à trois di cui parlava…”
Comincio da qui la mia lunga, triste ma vittoriosa epopea per capire come funzionasse la famigerata fattura elettronica e, soprattutto, come farmi pagare da alcune scuole con cui avevo collaborato. Eppure era così bello, prima…Svolgevi il tuo compito, emettevi fattura o ricevuta a aspettavi, aspettavi, aspettavi…Prima o poi ti pagavano. C’era una certa poesia a guardare le settimane passare e un che di sognante ed emozionante ogni volta che controllavi il conto corrente, per trovare la stessa cifra di dieci minuti prima, sospettando così che il bonifico non era ancora stato accreditato. O direttamente effettuato.
Poi è arrivata LEI.
N.B. di Ottobre 2018: l’articolo originale è stato scritto ben tre anni fa ma per motivi davvero divertenti è diventato una specie di punto di riferimento nazionale sull’argomento, cosa che mi fa piacere ma mi spaventa pure visto che se c’è tutta sta disinformazione siamo messi bene. Comunque sia, è un piacere sapere di aiutare qualcuno, anche se il mio campo lavorativo è un altro.
La fattura elettronica: venti minuti per farla, venti minuti per scaricarla, i soliti sei mesi per pagarla
Segretario della scuola: “Da quest’anno possiamo accettare solo fatture elettroniche”
Io (innocente quanto un bebé) “Nel senso che ve la mando via email? No problemo, Señor”
Segretario (grattandosi la testa e con uno strano ghigno in volto): “No. E’ che…uff, è complicato da spiegare, pure noi ci mettiamo venti minuti a scaricarne una, quindi…”
Vabbè, su, sarà colpa dei PC vetusti delle scuole (mi pare di aver visto un 386 una volta…No, non è un prefisso della Wind…sto parlando con te, quindicenne social-media-mega-expert-e-pure-euronics che stai leggendo!), mi son detto. Solo dopo ho scoperto come fosse così.
Ho cercato su internet una guida passo passo a prova di drunken dummy (le guide “for dummies” sono già troppo avanti per me quando si parla di fisco e affini) ma non l’ho trovata, quindi mi son detto: perché non crearne una e scriverla in modo efficace ma, uhm, alternativo?
Ecco dunque la mia storia, scritta con il triplice scopo di
- evitare frequenti casi di cirrosi epatica a chi – coraggioso libero professionista – dovrà imparare a usare le fatture elettroniche e non sa dove sbattere la testa (tranquillo, troverai tanti ma tanti di quegli spigoli da avere l’imbarazzo della scelta).
- fare in modo possa trovare chiare istruzioni sull’iter da seguire, da come ottenere ciò che serve ad emetterle (detto anche “la roBBa”) fino a come fare per inviarle (no, non è affatto facile)
- sfogarmi, in una sorta di auto psicoterapia, dopo tutto quello che LEI mi ha fatto passare.
Una sola promessa, che fa molto alcolisti anonimi: ce l’ho fatta IO, quindi puoi farlo anche TU.
Una fattura? In realtà è più una macumba voodoo
Quando il Governo annunciò che dal 31/03/2015 tutta la fatturazione elettronica obbligatoria nei riguardi della Pubblica Amministrazione avrebbe fatto risparmiare millemila milioni di euro, non spiegò quale fosse il risparmio.
I fogli di carta? I raccoglitori impolverati? Non credo. Ora lo so: far desistere chi deve essere pagato da una scuola o un Comune a fare la fattura, rinunciando così al proprio compenso. Geniale!
Comunque sia, parlavo di macumba, più che di fattura. Chi di voi conosce la storia del leggendario Monkey Island 2 ricorderà come, per un rito voodoo, servano quattro cose: qualcosa del tessuto, qualcosa della testa, qualcosa del morto e qualcosa del corpo.
Per la fattura elettronica è lo stesso. Servono infatti degli strumenti indispensabili, vale a dire:
- Una casella PEC
- Un kit per la firma digitale
- Un programma per la creazione del file XML (la fattura in formato incomprensibile all’occhio umano, insomma)
- Due o tre scatole di Maalox e tanto, tanto caffè.
Vediamo come ottenere il tutto, cercando di pagare il meno possibile (pia illusione).
Una casella PEC (Posta Elettronica Certificata)
Cos’è?
Si tratta dell’equivalente di una raccomandata in forma di email. Costa solo 6,10 euro (IVA inclusa) l’anno. Si può fare. Se non l’avete già (ricordo che quella fornita gratuitamente qualche anno fa dal Governo NON va bene, visto il servizio sta per essere smantellato)
Come si ottiene?
– Andate su www.pec.it
– Scegliete il pacchetto da 5 euro (gli altri non credo convengano per chi non pensa di usarla pure per fare gli auguri di Natale), aggiungetelo al carrello, pagate e aspettate la conferma via email. Seguendo le istruzioni, dovrete poi fare l’accesso all’url che vi verrà indicato, fare l’upload della scansione di un vostro documento e…voilà, ecco pronta la PEC! (Fatto?! Già fatto?! Calmi, quella era la PIC…Purtroppo il seguito non sarà indolore)
Il kit per la firma digitale
Cos’è?
…è…come dire…una firma, però digitale. In termini ancora meno tecnici, si tratta di una pendrive con al suo interno una scheda SIM, identica a quella di un cellulare, chiamata però Carta Nazionale dei Servizi (da ora in avanti CNS). La pendrive è un semplice lettore che sfrutta dei certificati col vostro bel nome contenuti nella SIM per “firmare” un documento. In questo modo verrà certificato che, si, siete voi i responsabili legali, civili, penali e corporali di eventuali truffe, errori o omissioni all’interno della fattura. Come si utilizza la firma digitale lo vedremo tra un po’, intanto vediamo come ottenerla.
Come si ottiene?
Anche questa può essere fornita da più agenzie. Io mi sono affidato ad Aruba, ma più perché non mi andava di cercare. Aruba offre diversi pacchetti, cercando in tutti i modi di convincerti a prendere la loro pendrive brandizzata autoinstallante e supercool a 61 euro (+IVA) e 10 euro (+ IVA) di spedizione. Ammetto di non averla presa solo per un uso sconclusionato di mille “!!!!” nella loro pagina promozionale, tipo sito di phishing. Questo, più il fatto che costasse un occhio della testa.
Ho così preso il cosiddetto token (una pendrive triste e nera, insomma) + SIM card con la CNS (avete già dimenticato che sta per Carta Nazionale dei Servizi, eh?) per un totale di 63,44 euro, IVA e spedizione inclusa. Tanto. Troppo. Ma vale 3 anni, quindi piango con un occhio.
Cosa cambia dal modello supercool? Non si autoinstalla (noooo) e devi scaricare i driver (noooo!) dal sito di Aruba. Però costa una ventina di euro meno, quindi avrei accettato anche di andarla a ritirare io a nuoto.
La procedura per ottenere la CNS è pari a quella per ottenere un mutuo: intanto paghi il tutto e ovviamente ti aspetti che spediscano subito la pendrive.
Come no. Intanto devi scegliere tra:
- fartela recapitare a casa (yeah!) ma poi doverti recare in Questura o affini per farti identificare (decisamente meno yeah)
- farla recapitare presso un centro Mail Boxes, andarla tu a ritirare (poco yeah), pagare altri 11 euro (molto poco yeah) ma farti identificare subito lì (yeah!) mostrando un documento e risparmiando così tre o quattro ore di vita. Io ho scelto questa seconda opzione.
D’accordo, ma ora la spediranno subito!
Come no. Passano in media sette giorni lavorativi prima della spedizione, quindi si tratta di un’operazione da fare senza avere l’urgenza di emettere fatture, altrimenti il tempo volerà quasi quanto quando guardate l’acqua della pasta nella speranza possa bollire prima (come me, per la cronaca). Vi verrà notificata la spedizione e il centro Mail Boxes chiamerà all’arrivo del mega-pacco-gigante. Del resto, la spedizione è costata 10 euro, sarà tipo un cubo di un metro per un metro pesante venti chili.
No, è una busta. Peraltro pure aperta.
Al suo interno si trova:
- il “Modulo di richiesta dispositivo di firma digitale” (da firmare in duplice copia, una delle quali resta a voi e va conservata)
- il token (o, se vi siete lasciati tentare, la pendrive supercool)
- la scheda SIM della CNS
- la busta (questa deve essere chiusa) con i codici PIN e PUK
Oooh! Finalmente ho la firma digitale! Sotto con la fattura!
No. Non è ancora finita.
Le ultime formalità prima di utilizzare la firma digitale
Basta seguire le istruzioni contenute nell’email di avvenuta spedizione, una volta ricevuta la busta bisogna (cito)
- Accedere alla pagina https://www.pec.it/KitFirmaDigitale/attivazione.aspx
- Inserire i dati richiesti
- Attendere la ricezione del messaggio di testo contenente il codice di attivazione personale per l’attivazione del certificato
- Inserire il codice di attivazione personale nella pagina di attivazione.
Ci siamo quasi! Prima di poterla usare, soprattutto se avete scelto il token, dovete scaricare e installare tre software gratuiti.
1) Il driver per leggere la scheda SIM. Facile no?
No, visto che dovete prima capire quale sia il driver tra tre disponibili:
- Incard?
- Oberthur?
- Athena?
L’unica cosa certa è che la Compagnia dell’Anello sarà finalmente riunita. Per rivelare l’arcano, dovete vedere che forma abbia la scheda SIM tra queste:
…e scaricare il driver apposito, usando i seguenti link:
Incard: scarica il driver dal sito Aruba.it
Oberthur: scarica il driver dal sito Aruba.it
Athena: scarica il driver dal sito Aruba.it
(per qualunque altro dubbio, c’è la chiarissima – uuu! – pagina di aiuto di Aruba)
(N.B. Se i link suddetti non dovessero funzionare e/o cercate le versioni per Linux e Mac, nel sito di Aruba in questa pagina dove poter trovare tutto il materiale più aggiornato)
2) Aruba Sign: è quello che serve a leggere la scheda SIM e firmare il documento. Lo trovate qui http://www.pec.it/Download/Software/FirmaDigitale/ArubaSign2_9_1.exe
Dopo aver sacrificato al vostro Dio un piccione e un porcellino d’India, versando il loro sangue sul token (rovinandolo e finendo per ordinare davvero la pendrive supercool…Ah, le strategie di marketing di Aruba!) avrete finalmente pronta la firma digitale. Fatevi una bella doccia fredda, preparate un’unghia di drago e della bava di lumaca e continuiamo con lo step successivo, degno di una megera: fare la fattura!
Quando il gioco lo fatt-uro, i duri cominciano a fatturare
(o le fatture cominciano a durare…non lo ricordo mai)
Fatto (fortunatamente una tantum) quanto appena descritto, sarà necessario trovare un servizio che vi compili le fatture in formato XML. Non vi serve sapere cosa sia l’XML, sappiate solo che è incomprensibile.
I servizi a disposizione sono tanti ma molti sono a disposizione solo delle aziende, come se i liberi professionisti non fatturassero mai alla Pubblica Amministrazione.
Personalmente mi sono trovato bene con Fattura24.it, quindi descriverò l’iter di compilazione fattura per mezzo loro, anche se è facilmente generalizzabile a tutti gli altri servizi (se ne conoscete altri, fatemelo sapere, è sempre meglio avere un piano B).
Hanno sia il piano Free (per chi fa 15 fatture l’anno…ma le produce solo in XML) sia in crescendo dai 60 euro l’anno in sui, con invio diretto della fattura elettronica ed altre funzionalità che, nel mio caso, non sono utili (listino, magazzino etc).
Farne una è semplice: si va su Fatture…
A quel punto di procede con la compilazione nel modo più classico possibile, specie se avete mai avuto un gestionale. Direi che l’inserimento dei dati è così palese che metto qui solo un esempio:
PDF o XML?
A quanto leggo, se non avete un account premium con Fattura24.it, che spedisce in automatico la fattura al sistema di interscambio, viene generato solo un file XML (si, proprio lui!) e non il PDF da stampare.
Ogni file XML creato avrà questo formato:
IT****************_00001.xml |
…dove al posto degli asterischi non c’è una parolaccia (ah, sapeste quante ne sono volate….) ma il vostro codice fiscale.
Ogni file creato avrà un ordine progressivo (00001, 00002…) che, nota da ricordare, NON è necessariamente quello del numero della fattura. Più in avanti vedremo perché è importante.
Il file XML che potrete scaricare da qui NON è firmato e dunque non inviabile. Orsù, firmiamolo allora
Come si firma digitalmente un file XML?
Posate la Mont Blanc e prendete la ben più cara pendrive con la CNS dentro.
Avviate il software Aruba Sign e se tutto va bene (ossia se il sangue del porcellino d’India ha benedetto il dispositivo) vi apparirà questa maschera:
Inserite la pendrive e cliccate su “Firma” (ebbene si).
Vi chiederà il documento XML da firmare. Trovatelo e premete OK.
Nella schermata successiva dovreste vedere il vostro nome con una bella spunta verde sopra, il percorso dove dovrà salvare il file firmato e, soprattutto, il “Tipo Busta”.
Lasciate quella di default “Busta Crittografica P7M (CAdES)” e non fare come qualcuno che mise per mezza giornata il ben più logico “Aggiungi firma digitale a file XML”, visto che questo generò problemi quasi governativi che vi risparmio volentieri.
Premete OK e auspicabilmente riceverete conferma dell’avvenuta firma. Per essere certi, potete sottoporre a “Verifica” il file firmato scegliendo la corretta opzione (la V verde) nel menu principale. Se tutte le V nella verifica saranno verdi, siete a cavallo.
Ok, avete persino firmato il vostro primo file XML! L’avreste mai pensato? Ora c’è un ultimo passo da fare: una bella gita nel Sistema di Interscambio!
Cos’è il Sistema di Interscambio?
(il triangolo no, non l’avevo considerato)
No, nulla a che vedere col celebre ménage à trois narrato all’inizio. Il sistema di interscambio è il sistema di smistamento automatico delle fatture elettroniche verso la corretta destinazione.
Come fa il sistema a sapere dove mandare le fatture? Semplice, è tutto scritto nel bel file XML da voi mirabilmente compilato.
E’ tutto davvero interessante ma…posso sapere come inviare una fattura elettronica?
In un mondo ideale una persona si recherebbe nel sito predisposto dal Governo, dove già si trovano vari strumenti utili alla causa: http://www.fatturapa.gov.it/export/fatturazione/it/strumenti.htm
Tra questi, un sistema per la verifica della bontà del file (ne parlerò tra poco, citando gli infami “Errori”) e, appunto, la possibilità di inviare via web le fatture. Fantastico, no?
No, visto che non funziona e, se funziona, lo fa male. Dopo averci provato per due ore e mezza, di notte peraltro, la mattina alle 7.30 chiamo il loro call center. Cito fedelmente l’operatrice:
Operatrice: “Ma…scusi, perché utilizza il servizio via web?”
Io: “Non lo so, forse perché il piccione viaggiatore non è annoverato dal genio che ha inventato sta cavolo di fattura”
Operatrice: “Ma è facilissimo! Basta mandare tramite posta certificata il file XML firmato come allegato a una email, indirizzandola a sdi01@pec.fatturapa.it”
Io: “…tutto qui?”
Operatrice: “Siii, tutto qui! Come oggetto può mettere quello che le pare, anche solo Fattura PA”
Chiudo mestamente, provando a mandare le email come descritto. Caspita, funzionava. Vado a lavoro, felice. Chiamo le scuole dopo qualche ora, bullandomi della mia estrema abilità nella fatturazione elettronica e chiedendo una ovvia conferma della ricezione dei file.
Loro: “Non è arrivato niente”
Io: “…”
Controllo la posta: errori su errori. Il Sistema di Interscambio, infatti, non si limita a recapitare i file ma li controlla pure.
Se c’è anche il minimo errore formale, lo ritorna al mittente, prendendolo pure in giro.
Gli errori, questi odiosi sconosciuti
Nel sito del Governo è presente questo file con le indicazioni degli errori più comuni. Ne segnalo giusto i due più frequenti:
Errore 00001: Nome file non valido
Come dicevo, il file XML deve essere chiamato in modo particolare, altrimenti viene rifiutato. Ricordo che al posto degli asterischi ci sarà il vostro codice fiscale:
IT****************_00001.xml –> Fattura non firmata
IT****************_00001.xml.p7m –> Fattura firmata e pronta all’invio
Quindi, se chiamate il file pagamisubitosennòseducolabidella.xml.p7m non va bene.
Errore 00002: Nome file duplicato
Il più odioso. Mandate una fattura e vi torna indietro con questo codice, indicante che il file della fattura denominato IT****************_00001.xml.p7m l’avevate già mandato. Il sistema di interscambio infatti è come se dicesse “Furbetto furbetto, già hai mandato questa fattura…mica vuoi essere pagato due volte eh?”. Peccato che spesso sbrocchi e ti dia l’errore anche se mandi quel file per la prima volta.
Donde il dubbio: mica posso cambiare il nome del file di mia sponte! Se la mia fattura 01/2015 non si chiama pure IT****************_00001.xml.p7m Equitalia verrà a bussarmi a casa! Cosa faccio?
Chiamo di nuovo il call center, sperando di ritrovare la signorina così gentile di prima. Non era lei, ma aveva la voce altrettanto gentile. Spiego il mio problema e lei, prontamente, me lo risolve (cito fedelmente):
Operatrice: “Ma che seccatura! Lo volete capire che il numero progressivo del file NON deve essere necessariamente quello della fattura?!?”
Io: “Come no?”
Operatrice: “Uff, no, possibile che tutti non lo capiate? Può essere 00001, 12345, quello che vuole”
Morale della favola: se vi torna indietro il file con l’errore 00002, cambiate il nome del file e rispeditelo.
Es: da IT****************_00001.xml.p7m a IT****************_00002.xml.p7m
Ho spedito la fattura elettronica! Mi ha pure dato la conferma di ricezione! E ora?
Ora verrete semplicemente odiati dal ragioniere o chiunque sia che dovrà perdere (cito) almeno diciotto minuti per scaricare, decriptare, visionare, controllare ed eventualmente approvare la vostra fattura.
Viva la semplificazione, insomma!
Aggiornamento: e il bollo virtuale?
Ah! Vi illudevate fosse tutto finito, non è vero? Eppure vi siete dimenticati (io l’ho fatto) del bollo virtuale, ossia quella roba appiccicosa e luminescente che si compra al tabacchi del valore di 2 euro da apporre sull’originale delle fatture (non soggette ad IVA) superiori a 77,47 euro.
Se vi state ancora chiedendo come attaccare la roba appiccicosa e luminescente a una fattura che non riuscite nemmeno a stampare, sappiate che la faccenda è ancora più semplice: si pagano i bolli cumulativi (quindi 2 euro per ogni fattura che ne richiede uno) tramite F24 (Sezione Erario, codice tributo 2501: “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari”, articolo 6 del decreto del 17/6/2014”). Quando? Entro 120 giorni dalla data della chiusura dell’esercizio di riferimento. Tradotto: entro i primi 4 mesi (30 Aprile) dell’anno successivo. Era tanto difficile scrivere così, vero?
Aggiornamento bis: spetta, spetta…e come le conservo?
A quanto pare un cassetto (o una directory, per i puristi) non è sufficiente. Però rispetto agli scenari apocalittici iniziali (tipo dover pagare tot all’anno per avere un archivio blindato tipo Fort Knox su Aruba & co), le cose sembrano un filo migliorate. Sempre da Fattura24.it leggo:
“Come chiarito dal recente provvedimento del 30 aprile 2018, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione un servizio gratuito di conservazione a norma delle fatture (per 15 anni), al quale l’utente, se vorrà, potrà accedere manualmente o, in alternativa, potrà scegliere uno dei provider a pagamento presenti sul mercato.”
Non ce la faccio più!
No, non è ciò che dirai tu (spero), ma il mio stato psicofisico dopo la scrittura di questo articolo. Credo di aver detto tutto e spero di avervi fatto un bel regalo con questa guida semi-seria che magari vi ha pure strappato una risata. Del resto, se non la si prende sul ridere, c’è davvero da starci male…
Se avete gradito vi invito a condividere questa guida e avete esperienze in materia (strumenti non citati qui, altri servizi più economici etc) mi farebbe piacere leggere i vostri commenti. ;)
279 comments
La fattura elettronica è un perverso sistema farraginoso per incrementare il “nero” giustificando le difficoltà operative per l’emissione della stessa.
Sono un laureato, è ho difficoltà alla comprensione delle operazioni da seguire per una corretta compilazione.
Immagino che un cittadino di normale istruzione rinuncerà alla stesura delle fatture elettroniche per la complicazione delle procedure ad esse connesse, incrementando l’evasione del fatturato e delle relative dichiarazioni contributive tanto temute dalle amministrazioni governative.
Il volere complicare il sistema fiscale con l’emissione delle fatture elettroniche, mi lascia perplesso sulla volontà gestionale della “Agenzia delle Entrate” che si troverà ad analizzare un numero di fatture inferiore a quelle degli anni precedenti ma che potrà esaminare, con maggiore certezza, il tipo di fatturazione e l’eventuale possibilità di vessazione sui singoli contribuenti.
Oggi 14 gennaio la pompa di naftache 6gg fa, dopo il solito pieno mi ha mandato alla mia email il file PDF un PDF decodificato da XML e un XML ( penso una copia di quello che invierà al SID!!!!) , aveva il sistema in Tilt che non comunicava e si è limitato a fare una fotocopia del QRcode scrivendo a penna sul foglio il numero di targa veicolo e scusandosi che il sistema WEB della compagnia era fuori uso… Non oso pensare se avessi fatto nafta nella notte quale arzigogolo avrei trovato per farmi inviare la fattura. Oppure, stamane il panificio dove ho acquistato una decina di cornetti alla crema per i colleghi per un caffe coi colleghi, Non sono stati in grado di batte lo scontrino perchè la cassa e bloccata e gli chiede la partitia IVA!!!, visto con i mie occhi. Siamo alla follia pura di un paese allo sbando informatico.
Buongiorno, ma se io un’azienda con 1numero di partita iva ma 4 numerazione esempio:( fattura ristorante n: 1-2-3-4-, fattura giardinaggio n. 1B-2b-3b, fattura agricola n.1-2-3-) di fatturazione che faccio? mi servono 4 codici
Ciao, da quello che vedo molti software per la fatturazione elettronica (parlo di quelli online) danno questa possibilità visto che puoi scegliere di volta in volta a quale numerazione ti riferisci e lui pensa a farti seguire un ordine cronologico. In bocca al lupo!
OTTIMA GUIDA!! Ho partita iva. Non ho dipendenti,ecc. Servizi. Non iscritto camera di commercio. Posso fare la fattura in xml ed inviarla via email al cliente? Grazie 1000000000!
Ciao Daria, io da poco ho scoperto che se sei in regime forfettario non la devi nemmeno fare…! (ai privati, alle pubbliche amministrazioni si). Quindi in quel caso fai come hai sempre fatto, altrimenti se sei costretta a farla non basta un xml, devi comunque firmarlo con la firma digitale e poi inviarlo al sistema di interscambio. Ma ti dirò che ormai mi sono abituato così bene agli intermediari che fanno da ponte e pensano a tutto loro che non ci perdo più nemmeno così tanto tempo.
Hola!
Sono una semplice lettrice di spagnolo che a mala pena si guadagna la vita ridendo e insegnando la propria lingua ai ragazzini di 11, 12 anni…. mi tocca fare per prima volta una fattura elettronica PA nonostante la mia partita iva forfettaria. Ho pianto -sul serio-. Ho pianto e ho persino pensato a rinunciare allo stipendio. Adesso mi trovo nella fase “acquistare quel coso della firma digitale”, ma prima ho dovuto andare fino in posta a farmi la POSTE ID per poter entrare all’Agenzia dell’entrate.
La burocrazia non è altro che la forma di tortura preferita dallo Stato nel confronto dei suoi cittadini ( siano o no in possesso della cittadinanza italiana).
Hola Gabriela! :) Forse a questo punto ti conveniva provare uno di quei servizi online che fanno un po’ tutto per te. Per casi come il tuo, in cui le fatture sono poche, spesso è la soluzione migliore per evitare lacrime immeritate. In bocca al lupo!
Spettacolare. Insegnare così una cosa così perversa è assolutamente edificante…visto che viviamo in un mondo di geni decostruttivisti. La fattura elettronica è come parlare di cricket o di curling a chi segue solo il calcio.
Solo un appunto, per rendere ancor più performante l’articolo: sarebbe bello che spiegassi con la tua sagacia chi sono i fortunati che non sono costretti ad emettere la fattura elettronica, ma un volgarissimo, benedettissimo pezzo di carta come ai vecchi tempi…bei tempi andati. Ad esempio, senza possedere partita Iva e facendo al max due tre fatture annue si potrebbe ottenere l’esenzione? Attendo risposte…argute. Grazie, intanto per questa guida…così concreta!
Ciao David, io per esempio in quanto libero professionista NON devo fare fattura elettronica, se non ad enti…Ma varia da caso a caso, dipende molto dalla ragione sociale.
Ciao Massimo, avrei bisogno di un’informazione. Lavoro come libero professionista in Germania e al momento uso questo programma di fatturazione: https://www.invoicesimple.com/it/fatture-in-cloud I miei clienti sono per lo più tedeschi ma ci sono anche degli italiani. Posso continuare a fare la fattura normalmente o devo passare alla fattura elettronica? Se devo farlo, puoi consigliarmi tu qualche altro software che funzioni bene? Grazie mille!!
Ciao Libera, ora mi ritrovo in difficoltà perché mi piacerebbe aiutarti ma non sono abbastanza padrone della materia per capire se devi fare fattura elettronica a clienti italiani se lavori lì, mi spiace :( Più che altro dovresti parlare col tuo commercialista perché, non sapendo che tipo di lavoro tu svolga, bisogna vedere se sei costretta a farla elettronica o meno…Per dire, io lo devo fare solo con i clienti che risultano essere enti pubblici, mentre per le aziende con cui lavoro no.